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Lavoratrici madri, possibile interdizione dal lavoro nel periodo pre e post partum

Con la Nota n. 5944/2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito importanti chiarimenti riguardanti le modalità applicative dei provvedimenti di interdizione dal lavoro, contenute negli articoli 6, 7 e 17 del D.lgs. n. 151/2001, a tutela delle lavoratrici madri nel periodo precedente e successivo al parto.

Le misure, infatti, hanno l’obiettivo di evitare esposizioni a rischi lavorativi che possano compromettere la salute della lavoratrice gestante o del nascituro, prevedendo l’astensione forzata dal lavoro laddove non siano praticabili soluzioni alternative.

Come presentare l’istanza di interdizione

L’istanza può essere presentata sia dalla lavoratrice che dal datore di lavoro, utilizzando la modulistica disponibile sul portale dell’INL. Alla domanda devono essere allegati il certificato medico con la data presunta del parto (per l’interdizione anticipata) o l’autocertificazione/certificato di nascita (per quella posticipata), la copia di un documento di identità e la descrizione della mansione svolta.

Se a presentare l’istanza è il datore di lavoro, è necessario motivare l’impossibilità di adibire la lavoratrice a mansioni alternative, allegando anche un estratto del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e l’indicazione dei lavori vietati secondo gli allegati A e B del D.lgs. n. 151/2001.

Ruolo dell’Ispettorato e tempi di valutazione

L’Ufficio territoriale dell’Ispettorato ha il compito di istruire la pratica verificando la completezza della documentazione e la sussistenza delle condizioni che giustificano l’interdizione, quali l’assenza di mansioni compatibili o la presenza di rischi per la salute della lavoratrice.

Il provvedimento di interdizione dovrà essere emanato entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione completa. In caso di richiesta di integrazione documentale, il termine ricomincia a decorrere dal giorno successivo alla ricezione dell’integrazione. Il provvedimento viene trasmesso alla lavoratrice, al datore di lavoro e all’INPS, per la gestione dell’indennità.

È importante evidenziare che l’astensione dal lavoro decorre sempre dalla data di adozione del provvedimento e non dal momento di presentazione dell’istanza o di conclusione dell’istruttoria.

Misure alternative e valutazione del rischio

Il datore di lavoro, prima di chiedere l’interdizione, è tenuto a valutare i rischi specifici legati alla mansione e a mettere in atto, se possibile, misure alternative. Queste possono consistere in:

  • modifica dell’orario o delle condizioni di lavoro;
  • spostamento temporaneo ad altra mansione non rischiosa;
  • solo in ultima istanza, richiesta formale di interdizione.

Tale valutazione dovrà essere condotta con attenzione. Infatti, l’impossibilità di spostamento a mansioni alternative va intesa in senso relativo: il datore di lavoro deve valutare se una mansione alternativa, pur teoricamente disponibile, sia concretamente sostenibile per la lavoratrice e utile per l’organizzazione aziendale.

Esempi di attività particolarmente rischiose

Possono essere considerate pericolose le attività come il lavoro in piedi per oltre metà dell’orario, la movimentazione manuale di carichi, l’uso di scale o impalcature, l’esposizione a temperature estreme e il lavoro notturno.

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